STUDIOPELUSO

Responsabilità degli amministratori delle società di capitali

Caso di successo dello Studio Peluso: responsabilità degli amministratori e liquidatori delle società di capitali verso i creditori sociali

La Sezione Specializzata in Materia di Impresa del Tribunale Ordinario di Milano, in una causa patrocinata vittoriosamente dallo Studio Peluso, in persona degli Avv.ti Massimo Peluso, Amedeo Di Virgilio e Gennaro Casoria, con la sentenza n. 7597/2021 pubblicata sul Foroplus – La banca dati de Il Foro Italiano, in tema di responsabilità degli amministratori e liquidatori delle società di capitali verso i creditori sociali, ha affermato il principio per cui l’inadempimento contrattuale della società non implica di per sé e in maniera autonoma una responsabilità risarcitoria degli amministratori e/o liquidatori nei confronti del creditore sociale insoddisfatto, in quanto tale responsabilità sorge solo se l’inadempimento è frutto di una condotta dolosa o colposa dell’amministratore o del liquidatore.

Nel caso di specie, il Tribunale delle Imprese di Milano, accogliendo la tesi di parte attrice rappresentata dallo Studio Peluso, ha riconosciuto che era del tutto arbitraria e illegittima la scelta compiuta dall’amministratore e poi liquidatore di non pagare il creditore sociale, perché non sorretta da alcuna valida motivazione né da eccezioni che avrebbero potuto, secondo una valutazione da compiere ex ante, paralizzare la pretesa creditoria.

Sono stati quindi indicati come elementi costitutivi della responsabilità: l’illegittimo e immotivato rifiuto di pagare il creditore sociale, pur avendo la società risorse sufficienti per provvedervi, la proposizione, in malafede, di un’infondata opposizione a decreto ingiuntivo a soli scopi dilatori, la messa in liquidazione della società nel corso del giudizio di opposizione e la redazione di un bilancio finale di liquidazione in cui risultava omesso il debito arbitrariamente non soddisfatto e nel quale, al contempo, era falsamente affermato che con l’incasso dei crediti si era provveduto al pagamento di tutti i debiti sociali, la conseguente cancellazione della società dal Registro delle Imprese sempre nel corso del giudizio di opposizione, nonché la comunicazione in giudizio di tale cancellazione solo dopo il decorso del termine annuale di cui all’art. 10 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, all’epoca vigente, in modo da scongiurare possibili istanze di fallimento da parte del creditore sociale. Al riguardo, il Tribunale delle Imprese di Milano, nell’accertare la sussistenza del nesso eziologico tra condotta illecita e danno, ha affermato che la mancata soddisfazione del credito dell’attore che agiva in responsabilità era dipeso dall’illegittima condotta dell’amministratore e liquidatore, in quanto la società aveva risorse per pagare il debito e solo a causa dell’illecito contegno del rappresentante legale il credito non era stato soddisfatto; con ciò confermando che, in considerazione della natura non afflittiva ma compensativa e riparatoria delle azioni di responsabilità, per esservi condanna al risarcimento del danno non è sufficiente dimostrare la condotta dolosa o colposa dell’amministratore o del liquidatore, ma è necessario anche provare che il danno patito sia eziologicamente ricollegabile a siffatta condotta e cioè, per quanto riguarda i creditori sociali, che il loro credito sarebbe stato soddisfatto se gli amministratori o i liquidatori si fossero comportanti nel pieno rispetto delle norme di legge e statutarie.    

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